- In Italia esisteva già una normativa sul whistleblowing. Cosa cambia con il recepimento della direttiva comunitaria?
Il decreto legislativo 10 marzo 2023, n. 24 recepisce in Italia la Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione.
La nuova disciplina è orientata, da un lato, a garantire la manifestazione della libertà di espressione e di informazione, che comprende il diritto di ricevere e di comunicare informazioni, nonché la libertà e il pluralismo dei media. Dall’altro, è strumento per contrastare (e prevenire) la corruzione e la cattiva amministrazione nel settore pubblico e privato.
Prima del decreto in discussione, vigeva la Legge 179/2017 che, con riferimento al settore privato, disponeva” – che i modelli organizzativi adottati ai sensi del D.Lgs. 231/2001 prevedessero canali di segnalazione di fatti che potessero minare l’integrità dell’Ente. Tali canali dovevano essere idonei a tutelare la riservatezza dell’identità del segnalante.
Il beneficio dei dipendenti era quindi esclusivamente per aziende che avessero adottato il Modello Organizzativo previsto dal D.Lgs. 231/2001 la cui implementazione è una facoltà e non un obbligo.
- A parte la maggiore platea delle aziende destinatarie, ci sono altre modifiche?
Con il nuovo decreto, la categoria di segnalazioni ammesse si è ampliata. Possono essere, infatti, segnalate, tutte quelle circostanze che, anche in via potenziale, potrebbero configurare violazioni del diritto comunitario o nazionale, nonché i comportamenti che ledano gli interessi finanziari dell’Unione europea e/o riguardanti il mercato interno.
Inoltre, anche con la precedente normativa, il segnalante era protetto da qualsiasi forma di ritorsione e discriminazione, salvo i casi di segnalazione infondata ed effettuata con dolo o colpa grave.
Tuttavia, oggi la protezione è molto più ampia e non riguarda solo il segnalante (dipendenti, lavoratori autonomi, volontari e tirocinanti, Persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza) ma anche coloro che, a vario titolo, collaborano o sono a lui legati.
Di rilievo, poi, evidenziare la previsione di misure di sostegno a favore del segnalante, anche attraverso specifici enti del terzo settore il cui elenco sarà disponibile sul sito dell’Anac. Da ultimo, ma non per importanza, si evidenzia che l’attivazione dei canali di segnalazione deve avvenire dopo aver sentito “le rappresentanze o le organizzazioni sindacali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 81 del 2015”.
Si tratta di un’informativa preventiva, propedeutica al rilascio della relativa procedura.
- Come si possono presentare le segnalazioni?
Un’ulteriore novità è rappresentata proprio dai canali di segnalazione che non sono più solo interni all’azienda ma possono coinvolgere anche autorità e soggetti terzi.
In particolare, il decreto prevede: un canale interno all’azienda, più tradizionale, che dovrà garantire la riservatezza circa l’identità del segnalante (obbligatorio per tutte le aziende che adottano un modello organizzativo, a prescindere dal numero di dipendenti).
Un canale esterno all’azienda che avrà quale destinatario l’Anac, deputata a gestire le segnalazioni per le aziende con almeno cinquanta dipendenti.
Le segnalazioni all’Anac si possono effettuare in taluni casi, qualora, per esempio, l’azienda non abbia ancora implementato quanto previsto dal decreto oppure una precedente segnalazione sia rimasta inesitata ed altro ancora.
Per le aziende con almeno cinquanta dipendenti c’è poi la divulgazione pubblica delle informazioni sulle violazioni tramite stampa, mezzi elettronici o comunque in grado di raggiungere un numero elevato di persone.
- Quanto alle misure di tutela del segnalante, ci sono differenze rispetto a quanto sinora previsto?
In caso di misure ritorsive a danno del segnalante, a differenza della precedente normativa, è prevista anche la possibilità di darne comunicazione all’Anac che ha il potere di applicare sanzioni amministrative pecuniarie a carico delle aziende inadempienti o che pongano in essere comportamenti ritorsivi e discriminatori nei confronti del whistleblower.
- In sintesi, cosa devono fare le aziende?
Le aziende sono obbligate a definire il sistema di gestione delle segnalazioni e ciò avrà un impatto di natura organizzativa.
È necessario, infatti, non solo individuare una persona, un ufficio o l’Organismo di Vigilanza (ODV ai sensi del D.Lgs. 231/2001) dotato di autonomia ed indipendenza cui assegnare l’impegno (e la responsabilità) ma anche, e soprattutto, adottare specifici strumenti di natura informativa e/o telematica, idonei a garantire la riservatezza e le tutele del segnalante nei termini previsti dalla normativa, anche in relazione ai molteplici profili privacy.
Non di meno, sarà importante svolgere una puntuale attività formativa, sia a favore dei potenziali segnalanti che delle persone chiamate a gestire il sistema di segnalazione. Un ulteriore momento di attenzione, di non facile soluzione ma di indispensabile analisi, riguarderà le aziende multinazionali e la necessità di armonizzare i sistemi di segnalazione di gruppo con l’impianto normativo appena descritto
LA TUA AZIENDA HA GIA’ ADOTTATO LE SOLUZIONI NECESSARIE PER ADEMPIERE AL RISPETTO NORMATIVO SUL WHISTLEBLOWING?